Detective sanzionato ed evasore fiscale felice. Una vicenda giudiziaria che ha contrapposto fortemente diritto alla privacy e diritto di investigare.
Il caso
Il 30 maggio scorso l'Authority ha multato una nota agenzia investigativa romana ritenuta colpevole di aver indagato sull'attività professionale di un cardiologo senza averlo comunicato previamente al medico stesso. Ma come si è giunti a questa situazione?
Due coniugi si separano perché, attraverso un'agenzia d'investigazione il marito scopre i tradimenti della moglie. Qualche anno dopo la donna decide di utilizzare lo stesso metodo e ingaggia un detective per indagare sul coniuge, colpevole di voler abbassare l'importo degli alimenti deciso dopo la separazione. Dalle indagini si scopre che il cardiologo è un evasore fiscale e questi dati vengono utilizzati all'interno del processo di separazione. E qui la sorpresa. L'Authority, guidata da Antonello Soro impone all'agenzia che ha svolto il lavoro una multa di 12.000 euro per violazione del Codice della privacy.
Dal momento della sentenza, il caso è diventato non solo una lotta tra i due coniugi ma anche un confronto serrato tra agenzie d'investigazione e il Garante della Privacy.
I limiti
Alla base di questa sentenza c'è l'articolo 13 del Codice della privacy che spiega: “L'interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali sono previamente informati oralmente o per iscritto". Tuttavia la nota agenzia ha rilanciato con il comma 5 dello stesso articolo che afferma che è possibile evitarlo se “i dati sono trattati ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento".
Tuttavia il Garante, nella sua interpretazione dell'articolo, ha sottolineato che, in questo caso, l'obbligo di comunicazione resta perché, come spiega il Codice, i dati personali devono essere raccolti presso terzi e non presso il diretto interessato, come in questo caso.
Questa sentenza segna un precedente molto pericoloso per le agenzie d'investigazione che temono di veder bloccata in parte la propria attività.
Sarà legittimo difendere l'interesse di chi sta evadendo le tasse?